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Ufficializzazione dell’iscrizione dei pani votivi di S. Giuseppe di Chiusa Sclafani.

di Rosaria Picardo

13/07/2009

Ufficializzazione dell’iscrizione dei pani votivi di S. Giuseppe di Chiusa Sclafani nel Registro regionale dei beni immateriali.

Nella meravigliosa chiesa di S. Sebastiano a Chiusa Sclafani (PA), alla presenza del vicesindaco Ignazio Musso, l’arciprete Filippo Lupo, lo storico Giuseppe Oddo, il dirigente scolastico Giuseppina Attardo e l’ Assessore Regionale ai Beni Culturali e alla Pubblica Istruzione Antonello Antinoro si è svolta l’ufficializzazione dell’iscrizione dei pani votivi chiusesi nel Registro regionale dei beni immateriali.
Una manifestazione che ha visto la presenza di circa trecento persone che hanno gremito l’intera chiesa.
  

L'iniziativa di iscrizione è stata condotta dalla delegazione Siciliana dell’Accademia Internazionale Epulae, un percorso durato circa tre anni. Grazie all’Accademia Epulae, Chiusa Sclafani, si può fregiare dell’artisticità dei suoi pani, che rappresentano la storia, la cultura, la vita dell’intera comunità chiusesi. Un lavoro durato diversi anni e che alla fine ha ripagato dei notevoli sacrifici.
Dopo gli interventi dei vari relatori l’assessore Antonello Antinioro ha evidenziato l’importanza dei beni immateriali soffermandosi sui pani votivi locali. A seguire un filmato ha raccontato tutto le fasi del pane e dell’intera festa.
Lo storico Giusepe Oddo ha poi presentato il libro di Mario Liberto “I pani votivi di San Giuseppe di Chiusa Scafani e la mostra etnografica di Palermo del 1891/92.
Il libro, pone in relazione la “Rassegna nazionale dell’Esposizione”, volta a celebrare i fasti industriali della Sicilia tardo-ottocentesca, con la religiosità popolare del piccolo comune rurale di Chiusa Sclafani. L’evento, inaugurato il 15 novembre 1891 dal re Umberto I e dalla regina Margherita, durò fino al 5 giugno dell’anno successivo e fu scandito da una serie di incontri mondani nella «regale» Sala delle Feste, allestita all’interno dei padiglioni dell’Esposizione, progettati ed eseguiti dall’architetto Ernesto Basile nello spiazzo, «allora sgombro di palazzi», dell’attuale piazza S. Oliva. Si tennero gran balli e concerti, gare orchestrali e un torneo internazionale di scherma nell’annesso giardino e nelle gallerie. Tra gli spazi espositivi della rassegna palermitana non si rilevò privo d’interesse quello riservato alla Mostra Etnografica Siciliana, ordinata dal medico palermitano Giuseppe Pitrè, il più autorevole studioso italiano del folklore e delle tradizioni del popolo. Tra coloro che, nel novembre 1891, inviarono reperti etnografici al Comitato organizzatore della Mostra si rilevò degno di particolare menzione un certo Lo Cascio Mangano di Chiusa Sclafani, esponente di «una delle famiglie più facoltose del paese»: parola di Mario Liberto, autore del libro, presidente della nostra delegazione siciliana. La «gentile mediazione» dell’agiato galantuomo – fece sì che la Mostra Etnografica potesse esporre un maestoso pane di San Giuseppe dal peso di 12 kg e il diametro di un metro e mezzo, tipico Vucciddatu votivo (confezionato a gloria del “Padre della Provvidenza” dalle donne di Chiusa Sclafani), «pane di semola in forma di ciambella così grande che per mettersi in forno esige lo allargamento della bocca di questo»; ed inoltre 32 pani di San Giuseppe di Chiusa Sclafani. I pani votivi non erano, infatti, solo beni alimentari: erano, e continuano ad essere, anche autentici capolavori d’arte plastica effimera, adesso degni di essere usati come soprammobili e un tempo come preziosi talismani, capaci di consentire alla povera gente di affrontare «in regime protetto», come soleva dire Ernesto De Martino, «la presenza del negativo nella storia».
Non nuovo alla ricerca dei cocci sparsi della cultura contadina della sua Chiusa Sclafani, Liberto si è sobbarcato ad un’ennesima faticata per ricostruire ciò che resta (nella memoria di quelle biblioteche ambulanti che sono gli anziani e nell’apparato celebrativo della festa dei nostri giorni), non solo dei pani votivi di San Giuseppe, ma anche delle caratteristiche originarie della sacra ricorrenza di marzo.
Liberto evidenzia inoltre l’influenza che la scuola degli intagliatori locali hanno influenzato anche “incondizionatamente” l’arte al femminile delle donne chiusesi. Circa le qualità professionali dei mastri d’ascia, basti ricordare che nel Cinquecento Silvio e Marco Lo Cascio (padre e figlio) assursero alla dignità di scultori in legno apprezzati in tutta la Sicilia occidentale. Nella loro bottega si formarono altri artisti, che hanno lasciato il segno in diverse chiese siciliane.
I pani votivi riportati alla luce dalla ricerca di Mario Liberto sono dunque pezzi di cultura ritrovata, tessere del mosaico di una concezione del mondo e della vita ridotto in frantumi dall’incalzare della globalizzazione selvaggia”.
Alla fine della manifestazione l’Assessore Antinoro ha consegnato a tutte le donne-artiste presenti un attestato riconoscendole come “artista del pane votivo di Chiusa Sclafani.

Rosaria Picardo

  • da siniistra: Mario Liberto e Antonello Antinoro
  • lavorazione  dei pani votivi