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Perché tanta fame di “bio”?

di Luisa Maschio

18/03/2010


A pochi mesi dal lancio del nuovo label europeo Eurofoglia (il logo comune a livello europeo per contrassegnare un prodotto biologico), la ricerca della Cass Business School di Londra “Factors that Influence the Purchase of Organic Food” (I fattori che influenzano l’acquisto dei prodotti alimentari biologici) attira l’attenzione sulle problematiche legate alla commercializzazione dei prodotti biologici. Questioni come la relazione fra i prezzi più alti e i benefici reali (scientificamente provati) per la salute, la sicurezza alimentare (legata ai pesticidi), o il benessere psicologico, vengono alla ribalta in associazione con problematiche più ampie, quali il bisogno di nuove politiche alimentari orientate al consumo sostenibile. Un punto di vista differente, quello dei ricercatori della Cass, che mette sotto una luce diversa la domanda: Perché tanta fame di “bio”?


Londra, marzo 2010. Dopo 10 anni di crescita costante, il mercato “bio” in Inghilterra ristagna e accusa un calo del 10% rispetto al 2008 (fonte: TNS). A causa della recessione, commercianti, distributori e consumatori devono scegliere fra cosa è necessario e cosa sarebbe bello acquistare. Ecco che i prodotti biologici restano negli scaffali.
Con il potere di acquisto delle famiglie più limitato, gli acquirenti si chiedono perché spendere di più per cibi esenti da pesticidi, i cui i benefici per la salute non sono ancora stati scientificamente provati e che sono inoltre più cari degli altri.

E’ per rispondere a queste domande che un team di ricercatori della Cass Business School (Londra) ha recentemente pubblicato lo studio “Factors that Influence the Purchase of Organic Food” (I fattori che influenzano l’acquisto dei prodotti alimentari biologici) in cui analizzano le leve di acquisto dei consumatori - prezzo e benefici per la salute - comparandole con i risultati di un sondaggio svolto presso gli operatori del settore (buyers, produttori, distributori e cuochi). I risultati dello studio suggeriscono dei messaggi utili per rilanciare il consumo dei prodotti bio.

Il credo bio: più che uno stile di vita
Lo studio della Cass Business School contiene buone e cattive notizie per il settore bio. Innanzitutto, sembra sia difficile far vacillare i consumatori convinti che l'alimentazione bio costituisca una componente importante del loro stile di vita sotto la spinta di critiche di carattere nutrizionale.
Secondo i dati della ricerca è sorprendentemente il numero di persone che si fidano di quanto dichiarato dalle etichette bio e dal marketing, specialmente fra gli acquirenti abituali.
Per convincere invece gli acquirenti occasionali, più scettici, si dovrebbe lavorare di più a livello di marketing e di supporto scientifico – per chiarire, ad esempio, se le preoccupazioni sui residui di pesticidi siano scientificamente fondate.

Bisogno di maggiori garanzie sulla sicurezza alimentare
Il principale bisogno dei consumatori di prodotti bio è la sicurezza alimentare. Un label che certifichi l’origine degli alimenti bio risponderebbe al bisogno di benessere fisico e psicologico: “Una certificazione bio compenserebbe l’assenza di prove scientifiche che dimostrano come il consumo di prodotti alimentari biologici offra dei benefici reali alla salute sulla base dell’apporto nutrizionale” spiega Caroline Wiertz, direttrice della ricerca.
“La priorità per i commercianti è trasmettere un messaggio più chiaro che giustifichi i prezzi più elevati dei prodotti bio” continua la Wiertz, “in Inghilterra, dove non abbiamo un’etichetta comune, gli operatori del settore devono organizzarsi, agire insieme e stabilire delle linee guida comuni per creare un’etichetta facilmente riconoscibile da tutti i consumatori”.

Il prezzo non è tutto
Se è vero che il prezzo costituisce una barriera agli acquisti, la ricerca della Cass rileva che, al contempo, può influire positivamente sulla percezione della qualità da parte dei consumatori, rassicurandoli su questioni di salute e sicurezza.
Vince Mitchell, Professore di Consumer Marketing alla Cass sottolinea l’impatto del fattore prezzo, in special modo durante la recessione attuale: “differenti sono le ragioni per le quali i il mercato bio non appare più in buona salute come in passato: le differenze di prezzo; il mutare delle tendenze legate ai consumi alimentari (per es. nuove cause da sostenere); l’esigenza di ridurre le distanze fra luoghi di produzione e luoghi di consumo, ma anche il fatto che l’alimentazione bio non è riuscita a guadagnare il favore di una base di consumatori allargata. Per tutte queste ragioni, la causa verde, che era prepotentemente emersa in termini di mode alimentari negli anni scorsi, dacché il paese è andato in rosso, ha perduto di tono”

Forte attenzione verso compatibilità ed equilibrio ecologico
In questa equazione c’entrano ben poco gli aspetti sociali e ambientali dei prodotti biologici. Ma i produttori di cibo bio e i professionisti del settore alimentare ritengono che le questioni ambientali provocheranno un'accelerazione del dibattito man mano che crescerà il bisogno di trovare delle alternative ai metodi di coltura ed alla dipendenza dal petrolio.
“A poco a poco, si sta facendo strada nella gente l’idea che le politiche alimentari low cost degli ultimi 70 anni si basavano su una serie di presupposti erratidisponibilità infinita di petrolio, terreni, acqua e suolo” dichiara Tim Lang, Professore di Politiche Alimentari della City University “In questo senso, il movimento bio ha iniziato ad impegnarsi nel quadro più ampio dello sviluppo e del consumo sostenibile e per questo motivo ritengo che meriti di essere sostenuto”.


* secondo lo studio scientifico condotto dalla London School of Hygiene & Tropical Medicine


Contatto stampa: Luisa Maschio presso l’Agenzia Noir sur Blanc
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Autore della pubblicazione:
Luisa Maschio
Noir sur blanc