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Pignone (La Spezia), città Bandiera arancione del Touring Club: dopo l’alluvione.

di Alessandra Guigoni

02/12/2011

 

Il 25 ottobre 2011 in Val di Vara scoppia l’inferno; dolcenera, così chiama l’alluvione nell’omonima canzone un ligure doc, Fabrizio De Andrè, invade le strade, le piazze, le case, butta all’aria gli orti di patate, fagioli e mais, sconvolge la vita della comunità di Pignone e della sua frazione, Casale.

Dopo un mese e mezzo mi trovo a passare da quei luoghi per lavoro e vado a trovare un amico, Silvano Zaccone, che mi conduce con pazienza su per le strade che si sono fatte di fango, ormai mulattiere strette, tra alberi abbattuti e frane, sino a Pignone.

Conosco Pignone per due motivi, perché i suoi orti sono famosi, le sue patate, il suo mais, i suoi fagioli sono biodiversi, coltivati con passione da alcune comunità del cibo Slow Food in quelle montagne a poca distanza dal mare; e perché ho sentito confusamente parlare di Sardi emigrati a Casale decenni addietro, ma per me è poco più di una voce, e tocca a Silvano a raccontarmi la loro storia mentre mangiamo un piatto di minestrone in una delle osterie storiche di La Spezia.

Mi racconta che decenni addietro nella zona aveva aperto una miniera di manganese e aveva richiesto manodopera specializzata dalla Sardegna, dove l’industria mineraria era fiorente. Tra coloro che erano partiti c’erano i fratelli Cau, originari dell’oristanese, i fratelli Staffa, Nicolò Invidia, di Iglesias, Emilio Soddu, Emanuele Usai ed altri ancora. Quasi tutti si sposarono con donne del posto mescolandosi alla popolazione locale. Però osservando i famosi canestrelli al cioccolato di Casale, arzigogolati e a spirale come caschettas o tiliccas, anche se fatti con la tipica pasta del canestrello ligure e il cioccolato come riempitivo (che sembra quasi una sostituzione della sapa) viene da pensare che qualcosa della cultura sarda sia rimasta in quei luoghi, oltre che i discendenti di quei minatori, e i cognomi che ancora portano figli e nipoti. Magari è solo una suggestione, o forse no…

Nel frattempo ad un mese e mezzo dall’alluvione moltissimo resta da fare in paese, i ponti antichi sono andati distrutti, alcune abitazioni ed edifici storici spazzati via, ma soprattutto occorre ripristinare la vita sociale ed economica del territorio e della sua comunità del cibo, che si mantiene vitale anche grazie agli orti, ai suoi prodotti e alla famosa Festa degli orti che da qualche anno attira migliaia di visitatori da tutta la provincia e dalla vicina Versilia.

Il Sindaco del paese, la Giunta, i Cittadini tutti, Silvano Zaccone e la Condotta spezzina di Slow Food si stanno prodigando per fare conoscere la situazione del paese e cercare sostegno civile ed economico da chi ha a cuore quel pezzettino di Italia che è un concentrato di storia, cultura, biodiversità coltivata e umanità.

 

 

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  • Pignone - casale oratorio
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