Parliamo di vino

La ricerca del Consorzio Tutela Vini Valpolicella: Etichetta e bottiglia, haute couture o pret-à-porter del vino?

28/03/2012

La ricerca voluta dal Consorzio Tutela Vini Valpolicella e svolta dall’Università degli Studi di Verona, Dipartimento di Economia Aziendale, ha come scopo principale lo studio delle strategie di packaging nelle cantine della Valpolicella.
L’indagine ha riguardato 703 vini (204 di Valpolicella, 202 di Amarone della Valpolicella, 128 di Valpolicella Ripasso, 111 di Recioto della Valpolicella e 58 di vino rosso Igt), di 133 aziende (ovvero i 4/5 degli associati al Consorzio) di cui sono stati analizzati tutti gli elementi caratterizzanti la bottiglia, la capsula, l’etichetta anteriore e quella posteriore, quella sul collo della bottiglia e le informazioni in esse contenute.


Tre gli aspetti principali evidenziati:

 

  • l’importanza del packaging del vino nelle strategie di prodotto e di comunicazione in rapporto alla necessità di interazione con un consumatore sempre più esigente, alla ricerca di segnali di qualità predittivi e affidabili.

  • Evidenziazione degli elementi di “package design” utilizzati dalle cantine della Valpolicella, con gli aspetti che contraddistinguono ciascun vino a denominazione di origine, nonché le strategie di differenziazione adottate. Individuazione della ”mappa” degli stili che orientano le scelte di packaging delle imprese per i diversi vini della Valpolicella.

  • Spunti strategici per le imprese e il Consorzio di Tutela. Per le prime l’attenzione è rivolta alla necessità di accrescere la consapevolezza verso scelte di package design orientate a coniugare marchio collettivo e marchio aziendale, presidiando la differenziazione e il posizionamento competitivo e nello stesso tempo coinvolgendo gli acquirenti e il consumatore finale. La mission del Consorzio di Tutela, d’altra parte, consiste nel comprendere la varietà di filosofie aziendali e i modelli di riferimento delle imprese, per proporre strategie di marketing collettivo coerenti, rafforzando l’identità di marchio e di territorio e supportando una forza differenziale condivisa dal sistema delle imprese.

Le osservazioni

Sul fronte della forma e del colore della bottiglia, la bordolese di colore scuro è la più utilizzata per tutte le tipologie dei vini della Valpolicella tranne l’Amarone, che privilegia la borgognotta, sempre di colore scuro. L’intento è dare un messaggio di prestigio, da cui l’uso di bottiglie di colore scuro e molto alte, con pochi rilievi che laddove esistenti riproducono il logo aziendale.
Anche la scelta delle capsule denota la volontà di ottenere un effetto di eleganza. Di qui la scelta prevalente che ricade sul colore nero, generalmente abbinato al colore dell’etichetta anteriore. In alternativa si privilegia un colore “naturale”, ovvero le varie gradazioni dei rossi e bordeaux o il verde. Spesso si riscontra l’ornamento con logotipi.
Le etichette anteriori si differenziano in modo significativo per le quattro denominazioni (Valpolicella, Valpolicella Ripasso, Amarone della Valpolicella, Recioto della Valpolicella).

Caratteri comuni alle quattro denominazioni sono:

  • l’utilizzo della forma rettangolare, con bordo liscio e il posizionamento centrale, scelta di colori e materiali che mirano a creare un effetto di eleganza.

  • Sul fronte dei contenuti la prevalenza del testo sulle immagini. Nel secondo caso un’etichetta su tre riproduce elementi rurali o particolari architettonici/artistici.

  • Nel testo presenza della denominazione e del logotipo abbinato nella maggior parte dei casi al nome del prodotto.

Le etichette posteriori risultano generalmente meno curate rispetto alle anteriori e riportano prevalentemente informazioni aggiuntive sulle caratteristiche sensoriali, abbinamenti col cibo e indicazioni sulle modalità di servizio del vino. Rari i riferimenti al territorio.

Il Valpolicella utilizza prevalentemente etichette bianche o nere (raramente bicolori), con texture porosa o in alternativa finitura lucida, dai caratteri floreali e naturali, in cui il nome del prodotto occupa uno spazio rilevante, così come la denominazione di origine. Due le tendenze: prevalgono gli elementi di testo o le immagini. Le informazioni fornite (ricorrendo ad esempio all’etichetta posteriore) riguardano l’abbinamento con il cibo, le modalità di servizio e i contenuti organolettici.

Notevole libertà espressiva per il Rosso Igt, che presenta più eterogeneità nella scelte grafiche che caratterizzano le etichette e denota in generale una maggior disponibilità a sperimentare stili nuovi e moderni.

La tradizione prevale invece nel mondo dell’Amarone, dove le etichette si caratterizzano per il colore nero o, in alternativa, beige, una texture pregiata o una carta speciale e una sottolineatura importante del nome dell’azienda, che tende a prevalere sul nome del prodotto ed è abbinata sovente ad una breve storia della famiglia produttrice. Le immagini sono privilegiate rispetto al testo e rimandano ad un contesto rurale ma di prestigio, rappresentando edifici o corti che richiamano alla storicità del vino e all’antico sapere di cui è espressione, o rappresentano figure allegoriche. Avara di informazioni la retro etichetta, probabilmente perché si ritiene che il consumatore dell’Amarone sia già ad un certo livello di evoluzione.

E’ il nero il colore quasi esclusivo delle etichette del Valpolicella Ripasso, che riserva uno spazio consistente sia al nome del prodotto che alla denominazione di origine. E’ interessante notare in questo caso come tra le informazioni figuri spesso la descrizione del processo produttivo, non altrettanto presente nelle altre tipologie.

Difficile trovare denominatori comuni per il Recioto della Valpolicella, per cui a dominare è una certa libertà nello stile del packaging. In questo caso le immagini, laddove vengono utilizzate, riproducono prevalentemente paesaggi.

Cinque gli orientamenti principali nello stile delle etichette anteriori:

  • Massive”: prevalgono gli elementi di testo, la centralità del nome aziendale e uno stile minimal.

  • Sophisticated”: molti dettagli nel testo e immagini eseguite in modo tradizionale.

  • Natural”: immagini prevalenti, a rappresentare corti o ville, rimandi naturali.

  • Traditional”: storia dell’azienda/famiglia produttrice, immagini con molti dettagli rappresentanti figure allegoriche, connotati di storicità.

  • Contrasting”: pochi dettagli, nome di prodotto, focalizzazione su un elemento di differenziazione, ricerca di soluzioni nuove e contenuti innovativi (poesie, pensieri).


Conclusioni

Solo il 43% delle aziende presenta un’impronta univoca  e uno stile ben preciso. A vincere nel packaging dei vini della Valpolicella è la tradizione, con cui raramente si osa rompere. Da notare che risultano ancora poco presenti elementi che rimandano alle nuove tecnologie (sito internet, QR…).

Roberto Facci (Facci & Pollini Advertising) ha sottolineato come nella storia recente i premi per il packaging parlino esclusivamente straniero, a testimonianza di una resistenza al cambiamento che può diventare limitante. Proprio le piccole/medie aziende, a suo avviso, dovrebbero avere il coraggio di sperimentare nuove soluzioni, rompendo schemi consolidati che fanno riferimento a cultura e tradizione ma possono rivelarsi limitanti laddove non permettono di distinguere in modo netto un prodotto da un altro. Facci ha rimarcato altresì che i cambiamenti d’immagine nel mondo del vino sono più lenti in quanto strettamente legati al suo essere un prodotto multisensoriale e un alimento, ma ha rimarcato anche come questo fattore rappresenti un vantaggio perché offre margini di tempo più ampi per intervenire in modo efficace su un eventuale restyling.

Allineato in questa direzione anche
Francesco Bonfio (presidente di Vinarius – Associazione Enoteche Italiane), il quale, dal suo osservatorio privilegiato di trait d’union tra la realtà dei produttori e quella dei consumatori, ha evidenziato come attraverso la bottiglia il consumatore cerchi segnali predittivi sia sulla qualità del prodotto sia sulle emozioni che esso può dargli. In questo senso il packaging a suo avviso dovrebbe trovare il giusto equilibrio tra storicità e modernità e per le quattro denominazioni della Valpolicella sarebbe opportuno un segno distintivo che dia modo di raccontare il territorio, anche facendo riferimento a tradizione e qualità che non devono costituire uno stereotipo ormai esausto ma un retaggio da valorizzare correttamente.

I risultati emersi dal convegno forniscono utili spunti per definire alcune proposte di immagine in sintonia con i nuovi linguaggi e con l’eredità storica dei vini della Valpolicella, Amarone in primis. Proprio l’Amarone, il cui successo internazionale lo ha reso quasi un marchio in sé e per sé, suggerisce la sfida di individuare un brand unificante del vino e del territorio, veicolando congiuntamente le peculiarità che ne costituiscono l’essenza. Alla luce di tutto ciò è negli intenti del Consorzio di Tutela Vini Valpolicella dar vita ad un concorso di idee per la realizzazione di un marchio collettivo che dia un’immagine forte e immediatamente percepibile dell’identità territoriale; marchio collettivo che rappresenta inoltre un’opportunità prevista dalla normativa in materia di DOP e IGT (D.Lgs. 61/2010 dell’8/04).