Parliamo di vino

Manicardi e la passione per il Lambrusco

di Gianmarco Nulli Gennari

26/11/2014

Enzo Manicardi fondò l’omonima azienda agricola sulle colline di Castelvetro, a sud di Modena, più di 30 anni fa, in una delle migliori zone a denominazione dell’Emilia, caratterizzata da boschi e vigneti. Ora la guida dell’azienda è passata alla figlia Livia, che cerca quotidianamente di mantenere l’equilibrio tra tradizione e innovazione, tra approccio artigiano e ricerca della qualità. La famiglia Manicardi è proprietaria di oltre venticinque ettari di vigneti, estesi sul fianco della collina dove ha sede l’azienda e in gran parte esposti a sud. Siamo a 180 metri s.l.m. e il terreno è magro, con zone argillose e ciottoli. I prodotti nascono da uve vendemmiate, lavorate e imbottigliate all’interno dell’azienda. Fondamentale la scelta in vigna di ridurre le rese, a tutto vantaggio della qualità del raccolto. Il lambrusco prodotto fermenta esclusivamente in autoclave. L’azienda Manicardi, oltre che sui vini, basa la sua notorietà sulla produzione di liquori e soprattutto dell’aceto balsamico tradizionale di Modena. 

Durante la visita in cantina, all’inizio di novembre, abbiamo avuto l’opportunità piuttosto rara e di grande interesse didattico di assaggiare i mosti della vendemmia 2014 del lambrusco grasparossa, separati per cru. Il Ca’ del Fiore, che sarà affinato e imbottigliato a parte come ogni anno, presenta un naso un po’ ridotto, mentre al palato la nota di fragola leggermente acerba è netta, affiancata da un ricordo di anguria, ma l’acidità è controllata e la beva è già appagante. I restanti due cru andranno a formare la base degli altri lambrusco del listino aziendale: il Ca’ Massaroni odora di tè ed è dominato da sentori vegetali anche in bocca, con un’acidità ancora molto spiccata; La Fornace, invece, vira su toni più decisamente floreali e anche al palato sembra più avanti del “fratellino” assaggiato in precedenza. Con il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Vigna Ca’ del Fiore 2013 si percepisce subito la differenza tra un mosto e un vino già compiuto: all’olfatto sprigiona una complessità non comune per la tipologia, con fiori, frutti rossi (more e ciliegie), cuoio, leggera speziatura, perfino un accenno di cioccolato bianco; anche il sorso è decisamente più profondo, cremoso e fragrante di frutto, ma si deve ancora distendere del tutto. Il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Manicardi secco 2013, dopo le snasate di prammatica si presenta in una veste più semplice, con cenni di cola e lato balsamico, mentre in bocca è già più equilibrato e piacevole del suo predecessore, ed esibisce come fuori programma una discreta grinta tannica. Il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Castrum Vetus semisecco 2013 è dotato ovviamente di un residuo zuccherino evidente ma ben contrastato al palato da una spina acida esuberante, in linea con la tipologia; finale sulle spezie e su un frutto maturo e croccante. Chiude la sequenza il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Amabile 2013, in cui la dolcezza senza compromessi è ben gestita: è il lambrusco di una volta, nella versione più tradizionale e territoriale, forse poco adatta, ormai, alle abitudini del consumatore “contemporaneo”, senz'altro da riscoprire. 

Ma qui a Castelvetro Manicardi non produce solo lambrusco. Il Pignoletto secco 2013 coglie nel segno con una rotondità di frutto (pera e agrumi) che viene esaltata dalle bollicine, un vino tutt’altro che banale, anzi di bel carattere; mentre il Pignoletto Brut non sembra dotato della stessa personalità. Il Vino Spumante Brut Rosè Fabula 2013, infine, è un riuscito blend di grasparossa e grechetto gentile, con belle note di mela golden e frutta secca al naso, molto piacevole in bocca, non particolarmente complesso ma di discreta persistenza minerale. 

A margine, segnaliamo la suggestiva visita all’acetaia, sistemata come da manuale nel sottotetto, con la straordinaria batteria di botticelle (di legni diversi: castagno, quercia, ciliegio, ginepro…) che contengono il mosto cotto destinato a diventare aceto balsamico tradizionale. I rincalzi, i travasi e infine l’assemblaggio del prodotto avvengono con un metodo che ricorda il soleras utilizzato per i vini ossidativi (Sherry, Marsala): ed è proprio a un Pedro Ximenez che corre il pensiero quando assaggiamo questo nettare, frutto della passione della famiglia Manicardi e testimone di una storia contadina che dura da mille anni.

 

  • I Vigneti
  • L’Acetaia
  • La degustazione