Chiacchierando di gusto

Dilemma Monti Lessini Durello. Solo una questione di '?'

26/11/2008

A dieci anni dalla costituzione del Consorzio dei Monti Lessini Durello, un incontro a San Giovanni Ilarione, nel cuore della sua produzione, ha posto alcune riflessioni importanti sulla denominazione. Titolo: "Durello. Una scommessa vinta?"...tutto sta in quel punto di domanda finale. Lo dobbiamo lasciare ancora o lo possiamo trasformare in punto esclamativo? Un bel dilemma!
Gli interventi alla tavola rotonda sono stati controversi e intriganti. Luci e ombre... Aldo Lorenzoni e Andrea Bottaro, rispettivamente Direttore e Presidente del Consorzio testimoniano giustamente il grande lavoro svolto e i reali positivi risultati di crescita. Inopinabili! E fin qui un po' di luce. Poi le ombre. La Cantina di Soave da poco proprietaria anche della Cantina di Montecchia, frena gli entusiasmi. Bruno Trentini, che ne è Direttore, lancia provocazioni e, con indubbia onestà intellettuale, evidenzia tutte le criticità di questa denominazione. La platea era composta per lo più da conferitori della Cantina di Soave e da alcuni produttori storici del Durello capitanati dal mitico Ingegnere Cecchin di Selva di Montebello. Il sindaco di San Giovanni Ilarione non ci pensa due volte e le sue prime parole sono rivolte al Presidente Carlesso chiedendo giustificazioni sul calo del valore dell'uva con la nuova gestione... Insomma una serata che si prospetta da subito interessante e per niente prevedibile.



Non è facile riassumere i tanti interventi e soprattutto i pesanti contenuti emersi. Cercherò di sottolineare alcuni passaggi che a mio avviso meritano maggiore attenzione.

Innanzitutto. Cosa può rappresentare il Monti Lessini Durello per una Cantina come di quella di Soave? Possiamo dire a ragione che si tratta di una goccia in un oceano? In un certo senso sì. Dopotutto sono solo alcune decine di migliaia di bottiglie contro i milioni di Soave e Valpolicella. Tant'è che si tratta di una sfida che non può non lasciare incuriositi. Il "cannibalismo" della Cantina di Soave nell'acquisire altre cooperative se da un lato ha risolto problemi economici a tanti bilanci fragili, dall'altro, come nel caso di Montecchia, ha aperto un dubbio sulla capacità di tutelare le specificità di territori e delle loro identità vitivinicole. L'alta vallata dell'Alpone si contraddistingue proprio per la forte propensione storica alla coltivazione dell'uva Durella. Queste sono le aree dove vi si trova ancora la maggiore concentrazione di viti autoctone a dimora. Eppure sin dalle prime parole del Direttore si è capito che probabilmente la realtà del Monti Lessini non è ancora ben conosciuta e soprattutto approfondita. Lo si è capito dal fatto che la relazione di Trentini si è basata sui dati di un libro del Consorzio letto probabilmente poco tempo prima. Ma il suo riconosciuto acume lo ha portato comunque a segnalare alcune interessanti provocazioni.

Riprendiamole

1) "Non vale la pena identificare una denominazione con un'uva. C'è solo un'altra denominazione in Italia con questa caratteristica, il Prosecco". Giusto! Il valore che può dare la riconoscibilità di un territorio non è confrontabile con l'appeal di un'uva, per quanto antica e radicata profondamente nella storia e tradizione di un popolo. Ma la denominazione si chiama Monti Lessini Durello DOC. Finora è servito imporre l'uva autoctona, oggi probabilmente è ora di puntare al massimo su Monti Lessini. Il logo su questo è esplicito! Rivediamo quindi le etichette dove talvolta Monti Lessini non compare affatto. Spostiamo la comunicazione sulla valorizzazione dell'area di produzione. Iniziamo a parlare di Spumante Monti Lessini da uva Durella. Anche qui cerchiamo di essere onesti a dire che produrre un grande Spumante Monti Lessini richiede uva Durella ma altri innesti di vitigni che offrono eleganza e rotondità. Ne ho sentiti veramente pochi in degustazione per la Guida Vini Buoni d'Italia di Spumanti Monti Lessini a base di Durella al 100%. Forse un'ulteriore revisione del disciplinare in senso amplificativo delle quantità di uve ammesse porterebbe alla necessità di portare più valore al territorio di produzione senza togliere nulla all'autenticità del prodotto. Inoltre porterebbe allo scoperto molti produttori che dichiarano 100% Durella ma in effetti "addomesticano" il vino con vitigni permessi da disciplinare e che in questi territori tra l'altro trovano ambienti ideali come pochi... Questo per dire che non è solo la Durella che fa grande il Durello ma è il territorio dove vengono coltivate le uve che offre un'unicità improponibile e inimitabile per qualsiasi altra zona vitivinicola mondiale.

2) "Il fatto è che il Durello dovrà giocarsela da nicchia...". Ma la Franciacorta cos'era prima di diventare quello che è oggi? E non è ancora una nicchia se paragonata a Champagne e Cava? Se si rende mitico un territorio il fattore "nicchia" non peserà più di tanto. Anzi in un certo senso potrebbe diventare un valore aggiunto di forte caratterizzazione territoriale e di prestigiosa unicità. Ma potrà mai un territorio come quello in cui si produce lo Spumante Monti Lessini diventare enologicamente mitico fino a che lo si chiamerà Durello? Oddio qui potrei diventare veramente antipatico... Eppure come diceva Lorenzoni finora si è giocato molto sul nome del vitigno, sulla simpatia, sui doppi sensi,... ma è questo necessario a rendere mitico un territorio? O forse non sarà solo un ostacolo a proporre un'immagine di alto profilo spumantistico? Provate a chiedere ad un consumatore che considerazione ha di uno Spumante Monti Lessini Durello. Vi dirà un vino leggero per occasioni friendly e non particolarmente formali. Eppure provate alcuni Spumanti Metodi Classici di Fongaro o Cecchin (tanto per fare nomi..). Sono spumantini?...Prosecchini da bagigi? Ma quando mai! Provateli a tutto pasto come tengono piatti di struttura. Alla faccia di tanti metodi classici italiani blasonati! Un invito quindi al Consorzio che tanto ha fatto sino ad ora: si cerchi di proporre lo Spumante Monte Lessini Durello con un'ottica meno popular e più professional. Almeno in qualche occasione e soprattutto per la versione classica. Iniziare a raccontare la grande azione di ricerca sui suoli, il valore della viticoltura di montagna applicato ad un metodo classico,...

3) "ma in Franciacorta c'era una cantina di riferimento che si chiamava Berlucchi...". È vero! Ma perché la Cantina di Soave non può essere quel punto di riferimento? Sarebbe tra l'altro una Berlucchi all'ennesima potenza! Ma alla Cantina di Soave interessa diventare un punto di riferimento per un grande prodotto di qualità sul Monti Lessini? Quanto ci crede? Mi risulta che non tutti gli agenti amino proporre il nuovo figlio adottivo ma preferiscano i tanti altri spumanti che si trovano in catalogo...13 tra metodi classici e charmat! Probabilmente numero poco fortunato per il Monti Lessini Durello! Il Presidente Carlesso però è persona saggia e devo dire che ho colto dalle sue parole un desiderio di dare prospettive a quest'uva...meno da Trentini,il quale da affinato calcolatore ha chiuso con un de profundis sulla Durella dicendo "cari produttori se lo Chardonnay ve lo pagano il doppio della Durella voi che cosa piantate...?". Ecco perché credo che sia giusto dare a Cesare quel che è di Cesare. Buona la relazione e l'idea quindi di spostare l'attenzione sul territorio, ma non credo giusto un approccio così drastico anche se volutamente provocatorio. Ma talvolta la provocazione è l'anticamera della confessione.

Staremo a vedere le strategie che adotterà la Cantina di Soave. Indubbiamente ora ha la possibilità, guardando ai quantitativi di uva gestita, di giocare un ruolo determinante per il futuro della denominazione. Bruno Trentini ha detto che un territorio così particolare è da comparare a quello trentino e come tale non può tornare indietro nella produzione di uve per vini di basso profilo. Noi gli crediamo e soprattutto crediamo nella straordinaria forza invasiva della sua struttura per collocare e far conoscere nei modi più corretti questo grande prodotto della montagna veronese e vicentina.

C'è stata una frase che mi ha colpito in modo particolare. Quella dell'Ingegnere Cecchin il quale, dopo la relazione del Direttore Trentin, ha sillabato: "Quello che ho sentito stasera si diceva dieci anni fa!". Un dardo sibilante in sala! Detto da un uomo che il Durello non lo produce ma lo vive! In dieci anni di strada se ne è fatta tanta con questo vino spumante. Proprio tanta. Ricordo le prime volte che nel 2000 proponevo in serate di degustazione il vino dei Monti Lessini. Ricordo le facce storte, a volte la disapprovazione per la scelta (a volte devo dire che non erano forzate!). Ricordo le frasi fatte... "Durello: un nome un programma...!". Oggi, dopo otto anni, alcune delle stesse facce sono più distese, più rilassate e a tratti sorridenti e anche qui altre frasi fatte... "l'ho sempre detto io che questo è meglio del Prosecco!...".

Mi hanno chiesto di presentare le bollicine venete in Puglia, in quel di Corato a Bari. Anche lì non potrò non iniziare con il nostro buon Monti Lessini Durello. Ho scelto un metodo charmat lungo che valorizza appieno le caratteristiche di potenza strutturale e di freschezza gentile che lo contraddistinguono. E ogni volta rinasce la magia della Lessinia!

Bernardo Pasquali