Saperi e sapori

Il peperoncino

di Sandra Ianni

22/11/2008

Il nome deriva dal termine botanico attribuito da Linneo al peperoncino: capsicum, dal latino capsa che significa scatola ed infatti la sua forma lo ricorda. Questa spezia appartenente alla famiglia delle solanacee è originaria del Nuovo Mondo, presente come pianta spontanea fin dai tempi più remoti, usata come spezia dagli Indios del Cile e del Messico. Un recente studio in campo archeologico ha dimostrato la sua diffusione a partire dal 7000 a.C., dall’Equador a Panama, dalle isole caraibiche al Perù, mentre la sua coltivazione è databile 5500 a. C.. Un’ulteriore presenza di questa spezia si trova nella biografia dell’imperatore Montezuma e nel diario di bordo di Cristoforo Colombo nell’anno 1493. Secondo la tradizione furono i portoghesi ad importarlo nel Vecchio Mondo dove ebbe un’accoglienza piuttosto tiepida mentre venne accolto molto calorosamente dai paesi africani ed asiatici. La pianta della famiglia delle solanacee attecchì rapidamente in tutti i paesi ed i suoi frutti trovarono molto presto il favore, soprattutto, di quella popolazione che non poteva permettersi spezie più costose e rare come la cannella, il pepe o la noce moscata. Ne seguirono un’infinità di nomi attribuiti alla nuova spezia, tra i tanti: pepe delle Indie, pepe di Calcutta, pepe delle Molucche, pepe cornuto e pepe di Cajenna. Il peperoncino a metà del cinquecento era già molto diffuso e non mancarono gli impieghi nelle varie medicine popolari dall’uso contro l’infertilità ad abortivo, da stimolante ad afrodisiaco. Oggi la scienza gli attribuisce, per la presenza di flavoinoidi e capsaicinoidi, un effetto antibatterico, ricchezza di vitamina C, un forte potere antiossidante, utile nella prevenzione di malattie cardiovascolari e di alcuni tumori, di malattie da raffreddamento, di favorire la digestione ed, infine, il peperoncino ha efficacia anche come analgesico in quanto favorisce la produzione di endorfine. Contrariamente a quanto si crede la parte più piccante del peperoncino non è il seme bensì la membrana centrale cui i semi sono attaccati. La membrana contiene infatti la maggiore concentrazione di capsaicina un alcaloide che conferisce la caratteristica piccantezza, che è solubile in sostanze grasse ed al contrario molto difficilmente in acqua. La piccantezza si calcola in gradi Scoville (dall’ideatore americano nel 1912 della scala di misurazione) per darvi un’idea se il diavolillo calabrese è pari a circa 300, il tailandese “cacca di topolino” è pari a 100.000 e l’habanero 600.000. Il peperoncino più piccante al mondo è il Dorset Naga, specie originaria del Bangladesh coltivata nell’Inghilterra su-occidentale. Nel mondo esistono circa 3.500 varietà di peperoncino e numerose tipologie. Il frutto viene consumato fresco, essiccato, affumicato, cotto o crudo. In Italia il peperoncino è ampiamente usato e alcune regioni ne hanno fatto la base dei propri piatti. Mentre all’estero è molto utilizzato in Messico ( nei Chili), nel nord Africa (salsa harissa), in India, Thailandia ed in Corea. Una volta macinato il peperoncino modifica l'intensità del gusto: il grado di piccantezza però varia non solo in base alla varietà di peperoncino scelta, ma anche in base al grado di maturazione: infatti più è maturo e più è forte. Inoltre lo stress ambientale, tra cui la siccità e il freddo, accentua il sapore piccante. Alcune varietà di peperoncino sono indicate per il consumo immediato, perché i frutti non si mantengono a lungo, mentre altre, possono essere invece essiccate e macinate. Il peperoncino è un condimento molto popolare anche in Italia e tra le tipologie coltivate e note con il loro nome locale figurano: Pevium in Liguria; peuvroun in Piemonte; peverone in Lombardia; pevrum in Emilia; pepe rosso o zenzero in Toscana; saittì a Teramo e pepentò piccante a L'Aquila; diavulillu nel Molise; peparuolo in Campania; diavulicchio in Puglia; cerasella, mericanill, diavulicchiu in Basilicata; cancarillo, pipazzu, pipi vruscente, diavulillo in Calabria; pibiri-moriscu in Sardegna e pipi russi in Sicilia.

Sandra Ianni