Saperi e sapori

Ballata per un piatto tradizionale genovese. In ricordo di Fabrizio de Andrč

di Francesco Rovida

13/01/2009

Lo scorso 11 gennaio molte iniziative hanno ricordato il decimo anniversario della morte di Fabrizio de Andrè, uno dei “cattivi maestri” della nostra cultura musicale e non solo, indimenticato autore della colonna sonora per la vita di tantissimi: da fan più accaniti ai semplici ascoltatori fino a coloro che lo stanno riscoprendo oggi a distanza di anni.
Il rapporto del Faber con la sua terra d'origine (Genova) e con la sua patria d'elezione (la Sardegna) ha trovato espressione in moltissimi caratteri della sua produzione musicale: dalla descrizione di luoghi e personaggi, all'uso delle sonorità tradizionali, fino alla scelta di scrivere nei dialetti (o, meglio, nelle lingue) comunemente parlate in Sardegna e Liguria, in stretto e locale rapporto con la cosiddetta “world music”.
Tra le varie canzoni può giustamente trovare spazio sulle pagine del nostro giornale 'A cimma' scritta in lingua genovese con la collaborazione di Ivano Fossati per l'album Le nuvole del 1990. Si tratta della descrizione di una ricetta, la cima alla genovese, seguendo la tradizione tanto in relazione agli ingredienti che per i rituali scaramantici e magici che la accompagnavano.
E' la testimonianza semplice e poetica di quanto la tradizione gastronomica rientri a pieno titolo nella storia e nelle radici di ciascuna persona: non sappiamo se Fabrizio si sia mai cimentato nella preparazione di questo piatto (Dori Ghezzi dice che amava cucinare...). Di certo, lo ha “creato” a modo suo, con la sua musica: che è quella dei “migliori chef”.

Ti t' adesciàe 'nsce l'èndegu du matin
ch'à luxe a l'à 'n pé 'n tèra e l'àtru in mà
ti t'ammiàe a ou spegiu de 'n tianin
ou c'é ou s'ammià a ou spegiu dà ruzà.
Ti mettiàe ou brúgu rèddenu'nte 'n cantún
che se d'à cappa a sgúggia 'n cuxin-a à stria
a xeúa de cuntà 'e pàgge che ghe sún
'a cimma a l'è za pinn-a a l'è za cúxia.
Cè serén tèra scúa
carne ténia nu fàte néigra
nu turnà dúa.
Bell'oueggé strapunta de túttu bun
prima de battezàlu 'ntou prebuggiun
cun dui aguggiuîn dritu 'n punta de pé
da súrvia 'n zú fitu ti 'a punzìggé
àia de lún-a végia de ciaéu de négia
ch'ou cégu ou pèrde 'a tèsta l'àse ou senté
ondú de mà misciòu de pèrsa légia
cos'àtru fà cos'àtru dàghe a ou cé.
Cé serén tèra scúa
carne ténia nu fàte néigra
nu turnà dúa
t 'nt'ou núme de Maria
tdtti diài da sta púgnatta
anène via.
Poi vegnan a pigiàtela i càmé
te lascian túttu ou fúmmu d'ou toéu mesté
tucca a ou fantin à prima coutelà
mangè mangè nu séí chi ve mangià.
Cé serén tèra scúa
carne ténia nu fàte néigra
nu turnà dúa
e 'nt'ou núme de Maria
tútti diài da sta púgnatta
anène via...

*********************************

Ti sveglierai sull'indaco del mattino
quando la luce ha un piede in terra e l'altro in mare
ti guarderai allo specchio di un tegamino
il cielo si guarderà allo specchio della rugiada
metterai la scopa dritta in un angolo
che se dalla cappa scivola in cucina la strega
a forza di contare le paglie che ci sono
la cima è già piena è già cucita.
Cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura.
Bel guanciale materasso di ogni ben di Dio
prima di battezzarla nelle erbe aromatiche
con due grossi aghi dritto in punta di piedi
da sopra a sotto svelto la pungerai
aria di luna vecchia di chiarore di nebbia
che il chierico perde la testa e l'asino il sentiero
odore di mare mescolato a maggiorana leggera
cos'altro fare cos'altro dare al cielo.
Cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
e nel nome di Maria
tutti i diavoli da questa pentola andate via
Poi vengono a prendertela i camerieri
ti lasciano tutto il fumo del tuo mestiere
tocca allo scapolo la prima coltellata
mangiate mangiate non sapete che vi mangerà.
Cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
e nel nome di Maria
tutti i diavoli da questa pentola andate via...


Il sito della Regione Liguria consiglia di prepararla in questo modo:
“caratteristiche: Con un taglio di carne preso dalla pancia del vitello si crea una tasca che, riempita di frattaglie, piselli, uova, formaggio, dà vita alla cima.
preparazione: Ingredienti: tasca di pancia di vitello, animella, cervella, testicoli, poppa (i testicoli e la poppa possono essere sostituiti con carne di maiale), uova, aglio, funghi secchi, polpa di vitello, schienale, burro, pinoli, formaggio, maggiorana, piselli, spezie, brodo, sale. Lavare, riempire d'acqua la sacca per vedere se ci sono falle e asciugare bene.
Ripieno: far rosolare con il burro tutta la carne e quasi al termine aggiungere le animelle e la cervella. Quindi tagliare il tutto a pezzetti. Versare in una bacinella i piselli (una variante utilizza le coste di bietola), i pinoli, uno spicchio di aglio schiacciato, la maggiorana, i funghi ammollati, sale e spezie, abbondante formaggio grattugiato e uova sbattute o anche intere.
Amalgamare il tutto e riempire la sacca fino a tre quarti.
Cucire con spago sottile e ago. Pungere su ambo i lati e far cuocere in acqua con carota, cipolla, sedano per circa tre ore.
A cottura ultimata, farla raffreddare sotto peso. Servirla fredda tagliata a fette. In caso ne avanzasse si può friggere, anche se il gusto è sicuramente diverso. Nel Ponente ligure esiste una versione magra della cima, il cui ripieno non comprende la carne”.

Francesco Rovida

www.agriligurianet.it