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Il broccolo fiolaro di Creazzo: la resistenza vista dal punto di vista di un ortaggio

di Andrea Contu

27/01/2009

A circa una decina di chilometri da Vicenza sorge l’abitato di Creazzo, piccolo comune di diecimila abitanti e ricco di storia, che è stato nei secoli incrocio delle alterne fortune del Veneto Serenissimo ma che ha visto passare sul suo suolo anche le vicende del Sacro Romano Impero di Carlo Magno.
Sempre a Creazzo la popolazione locale partecipò ai motti risorgimentali del 1848.
Piedi illustri hanno calcato nei secoli queste terre, le colline intorno a Creazzo, dove la grande storia si è legata a quella piccola, fatta dal sudore del lavoro dei contadini, dei “villani”che da sempre l’hanno coltivata per raccogliere i frutti che essa generosa offriva e poterli così rivendere al mercato della vicina Vicenza: nel tragitto che separa il piccolo borgo dalla città, fatto a piedi, spesso scalzi, stava la fatica che sublima il senso si una società contadina, dove il legame con la terra e “l’orto” era il perno intorno a cui ruotava un intera esistenza.
Con l’arrivo dell’industrializzazione e il diffondersi delle serre entrò in crisi il trinomio, mucca orto frumento, sul quale quel tipo di società che non esisterà più si fondava, e la coltivazione di molti prodotti venne pian piano accantonata.
Tra i casi più eclatanti di abbandono di una coltura vi sarà quello del broccolo fiolaro, un ortaggio costitutivo della cultura alimentare vicentina, un prodotto che cresce sui declivi esposti al sole delle campagne intorno a Creazzo.
Il broccolo di Creazzo, celebre per le sue proprietà nutritive, è detto “fiolaro” per la presenza di germogli, chiamati “fioi” nel dialetto locale, che sono inseriti lungo il fusto della pianta e all’ascella delle foglie.
Sono appunto i fioi insieme alle foglie più giovani a essere utilizzati in cucina.
Una coltivazione impegnativa quella del broccolo fiolaro basata su tre fasi principali: la semina che prevede lo spargimento della semente nel semenzaio all’inizio dell’estate, il trapianto delle piantine ottenute dal semenzaio in un campo col caldo d’agosto, infine la maturazione con l’innaffio, la concimazione, la sarchiatura del terreno.
A novembre tutto è pronto e la raccolta si protrae fino a Febbraio: secondo una tradizione, avvalorata dall’analisi scientifica, i broccoli più saporiti saranno quelli che avranno subito le prime gelate.
Benché il broccolo fiolaro sia un ortaggio molto resistente ai vari aspetti del clima e arrivi a sopportare temperature di 8/10 gradi sottozero la sua coltivazione risulta dunque assai complessa.
Quest’aspetto ha contribuito, insieme al mutamento degli stili di vita e delle abitudini alimentari, a favorirne la quasi totale scomparsa: alla fine degli anni novanta solo due famiglie di coltivatori, i Meggiolaro e i Riva, producevano quantità significative di prodotto.
E’ a questo punto che qualcosa si muove.
Il Comune nel duemila si inventa un festival e una sagra del broccolo fiolaro a Creazzo, i ristoratori vicentini, e non solo, accendono le luci sul broccolo proponendolo nei loro locali attraverso ricette che riprendono la tradizione di questo prodotto innovandola nell’elaborazione dei piatti: tutto il sistema dell’enogastronomia attraverso i propri media si lancia in una difesa che diventa promozione dell’ortaggio di Creazzo.
L’editore TERRAFERMA di Vicenza licenzia diversi libri sul tema.
Nel duemilaotto esce “Il broccolo fiolaro di Creazzo” con i testi di Antonio Di Lorenzo e Vladimiro Riva: si tratta di un piccolo volume che ripercorre la storia della coltivazione del broccolo soffermandosi poi sulle sue caratteristiche organolettiche e analizzandone le tecniche di coltivazione.

In appendice al libro vi è anche un ampio ricettario, che riprende in ristampa integrale quello di una precedente pubblicazione, con le proposte dei ristoratori vicentini: la pernice ripiena di broccoli, gli zaleti ai broccoli fiolari, broccoli anche sulla pizza e nelle crepes.
Il broccolo fiolaro di Creazzo che stava scomparendo vede nascere e crescere intorno a sé una nuova attenzione che lo porta nell’arco di un decennio ad incrementare, dopo anni, la sua produzione.
E’ un intero territorio che riscopre se stesso e la propria cultura in tempi di globalizzazione senz’anima.

Andrea Contu