Chiacchierando di gusto

Un tocco di fisica e il piatto “lievita”... in gusto e qualità.

27/02/2009

Un tocco di fisica e il piatto “lievita”... in gusto e qualità.
Ormai da qualche anno molti chef di alta cucina giocano con le consistenze degli alimenti più che con il gusto e stupiscono i loro clienti con piatti che hanno consistenze molto diverse da quelle originarie del prodotto. Uova crude con la ricotta, una particolare cottura degli spaghetti, gelati al gusto di sigaro e cocktail solidi sono solo alcune delle proposte che vanno molto di moda in questi tempi. Questa innovazione è stata possibile grazie all’applicazione di teorie e tecnologie fino a quel momento utilizzate solo nei laboratori di fisica e chimica. Mentre la gastronomia molecolare, intesa come semplice moda, ha esaurito quasi subito il suo potenziale di attrazione sulla clientela (sono pochi, infatti, i ristoranti che propongono menu interamente “molecolari”), molti chef, recentemente, hanno iniziato a utilizzare tecniche e strumenti come sifoni, controllo delle temperature, cotture sotto vuoto, gelatine, mousse, eccetera. A differenza della gastronomia molecolare “pura”, dove si cerca l’estremizzazione dell’inusualità, questi piatti sono tutto sommato normali, nei quali la scienza viene utilizzata ma non in modo evidente.

Sono trascorsi 120 anni da quando la famiglia Scarello cominciò la sua attività agli “Amici di Godia” (Ud), che ora ha trovato in Emanuele e nella sorella Michela i degni eredi di una tradizione tutta fondata sul senso dell’ospitalità. Emanuele Scarello (nella foto a destra), uno dei tre Jeunes restaurateurs d’Europe del Friuli, ha posto la materia prima alla base della ricerca che vede il cuoco impegnato in una personalissima interpretazione delle ricette, che poi trasmette al cliente attraverso sensazioni che coinvolgono tutti i sensi. Lo abbiamo sentito al ritorno da Venezia, dove era stato selezionato come chef ufficiale in occasione del Festival internazionale del cinema. Ci ha confessato di sentirsi poco preparato a rispondere alle domande, perché si sente “un cuoco e non uno scienziato”. «L’avvalermi di una tecnica piuttosto che di un’altra è solo funzionale alla qualità e alla bontà delle ricetta che voglio preparare - ha aggiunto. Penso che nel futuro della cucina ci siano molte possibilità (tra queste anche le nuove tecniche di cottura e conservazione dei cibi) con totale attenzione, in primo luogo, alla qualità della materia prima che ritengo fondamentale».

Altro esempio di genio lo si ritrova nelle proposte dell’Enoteca Pinchiorri a Firenze, espressione di una gastronomia tosco-internazionale che con l’arrivo in pasticceria della giovane Loretta Fanella (nella foto a destra) ha contribuito a rendere più contemporanea. Loretta ha lavorato da Cracco a Milano e da Colonna a Roma, ed è reduce da tre anni da El Bulli di Ferran e Albert Adrià. A lei abbiamo chiesto come si applica la scienza alla pasticceria. «Non nascondo che l’uso della tecnologia e l’avanguardia in pasticceria aiuti a realizzare dei dessert originali e innovativi. Purtroppo oggi molti commettono l’errore di dover fare per forza una cucina chimica e fisica, purché si faccia... Nelle mie creazioni non c’è chimica, né fisica, ma tanto rispetto per il prodotto da usare. Ad esempio, quando si mangia un gelato al pistacchio, il sapore dev’essere quello del pistacchio. Tutto questo corre in parallelo con l’uso di nuove tecniche, nuove cotture (a freddo con l’uso dell’azoto liquido), nuovi prodotti come la frutta liofilizzata (frutta al naturale dove è eliminata la presenza di acqua che permette la concentrazione del gusto), per fare dei biscotti, dei caramelli, delle meringhe super leggere». Sperimenta, assembla, inventa, in una continua ricerca di tecniche nuove, gusti e abbinamenti, testure e temperamenti. «Alcune ricette nascono in un attimo, altre ci mettono anni», afferma. La sua ultima scoperta viene dal Giappone dove è stata recentemente: si chiama “Giardino zen”.