Chiacchierando di gusto

Intervista a Mario Batali, chef italo-americano.

di Nella Cerino

18/03/2009

“Eros e Cibo sono legati. Tutti i cibi sono afrodisiaci perché sono legati ad un ideale. Non basta mettere il cibo, bisogna mettere anche l'amore. I piatti più gustosi sono quelli fatti con il cuore” .


Pollenzo 2009. L'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha ospitato un incontro di personalità di fama internazionale. Alla stessa tavola, per un pranzo amichevole, Carlo Petrini, Presidente di Slow Food Internazionale, Mario Batali, chef italo-americano, e Mark Ladner, pupillo di Mario e proprietario del ristorante Lupa a New York. Come vecchi amici si ritrovano dopo tanto tempo per pranzare insieme, così i tre siedono, parlano e trasmettono gli uni gli altri la loro passione per il Cibo.

Si parla della prossima apertura di Eataly al Rockfeller Center di New York, con uno spazio di 7000 metri quadrati, ma anche di futuri progetti con l'Università e discutono in modo informale con uno studente, proveniente da un'isola dei Caraibi e prossimo alla laurea, che sta preparando la tesi sui più grandi chef del mondo. Mario non si risparmia. Neanche quando, all'ultimo momento, gli chiedo un'intervista.

Me la concede mentre con Carlo Petrini visita le cucine del ristorante “Guido di Costigliole”.

Domanda: Oggi hai visitato l'Università di Scienze Gastronomiche. Cosa ne pensi?
Risposta: La trovo molto bella. Ben strutturata e ben organizzata. Molto importante per il mondo della gastronomia.

Che consigli dai a questi studenti e in generale ai ragazzi che si avvicinano alla gastronomia?

Di costruire il proprio mestiere. Non come qualcosa che sia semplicemente un lavoro, ma di fare quello che piace loro, che porti loro soddisfazione. Che dia loro la possibilità di creare qualcosa di buono, di bello, per sé stessi e anche per il popolo, per le altre persone, per la gente. Di assecondare la propria vocazione.

Mentre ci regala queste perle di saggezza, muove le sue crocs arancioni, il suo colore preferito, che lo accompagnano oltre che tra i suoi fornelli anche in giro per il mondo. Guardando a destra e a sinistra, lancia sguardi all'apparenza distratti, ma nati da occhi che sanno esattamente dove andare a guardare.

Conosciamo la tua lunga gavetta
. A studiare presso i più famosi chef di Londra come Marco Pierre White e poi a completare la tua formazione lavorando nel piccolo paesino abruzzese di Borgo Capanne. Il ritorno negli USA e l'apertura del ristorante Babbo ristorante ed enoteca che ha dato inizio alla tua ascesa fino ad essere lo chef più glamoure del mondo. Uomo dell'anno 1999 nella categoria chef, Iron chef 1998, Best chef 2005. Quello che sei adesso, quanto è dovuto ad un destino amico, ad un duro lavoro, al made in Italy, cioè alla tua origine italiana?
Ho sempre lavorato molto. Quello che sono lo devo alle mie origini, alla mia famiglia. Ho sempre visto tutta la mia famiglia cucinare: i miei genitori, i miei cugini, i miei zii e zie. Ma il Made in Italy è il mio brand, il mio marchio. All'Italia devo la filosofia del cibo, basata sulla tavola come luogo di condivisione e sulla cucina come mezzo per esprimere la propria identità e il proprio territorio.

Hai molti ristoranti italiani di grande successo a New York. Ti è mai capitato di adattare la cucina Italiana al gusto americano?
Assolutamente no. Le ricette rimangono le stesse, uso anche ingredienti prettamente italiani, come Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma. Ma spesso integro anche questi ingredienti con quelli prodotti in America. Mi comporto esattamente come farebbe un italiano, applicando alla lettera la sua filosofia, che prevede l'utilizzo di prodotti autoctoni. Solo in questo modo riuscirò a ricreare il sapore del vento di un giovedì di Novembre nei miei piatti. Solo in questo modo le persone americane possono capire il territorio e i suoi prodotti. Solo così potremo creare una nostra vera identità gastronomica. In questo modo nascono le tradizioni.

Qual è il senso che usi maggiormente nella preparazione di un nuovo piatto?
(Senza parlare, mostra la lingua). Ma sicuramente è importante che sia anche bello da vedere, da toccare, da sentire con l'olfatto e l'udito.

E continuando a parlare di sensi, secondo te esistono veramente i cibi afrodisiaci?
Certamente Eros e Cibo sono legati. Ma tutti i cibi sono afrodisiaci non tanto perché hanno vere e proprie proprietà, ma perché sono legati ad un ideale. Non basta mettere il cibo, bisogna mettere anche l'amore. I piatti più gustosi sono quelli fatti con il cuore.

Ed è proprio questa la sua filosofia.
Uno chef trasforma il cibo in celebrazione della vita. Ma se il cibo manca, è la vita stessa che manca. Semplicemente.

Ecco allora che Mario Batali decide di dare un significato diverso al suo modo di offrire cibo: oltre ad occuparsi dei suoi ristoranti e dei suoi manuali di cucina, dal 2003 collabora con la New York City Food Bank, che fornisce cibo ai cittadini (si parla di un Newyorkese su quattro) che non lo hanno. E oltre all'amore, qual è il tuo ingrediente “speciale”, il tuo “pasespartout” per tutte le ricette?
No. Non o nessun ingrediente speciale. Ma mi piacciono molto le erbe aromatiche. Si, sono quelle che uso più spesso.

E quindi, cosa serviresti per “una cenetta speciale”? Gelato.

Nonostante i suoi molteplici impegni, Mario trova comunque il tempo per tornare in Italia. Quali sono i luoghi in cui torni più volentieri?
Bologna e Amalfi. Ma soprattutto Amalfi. Credo di aver avuto qualcosa là in un'altra vita, perché quando mi trovo lì mi sento comodo, come se fossi a casa.

Oltre ad essere un grande chef, è anche un uomo di spettacolo. Ha costruito e condotto il programma Tutto Mario e presto sarai affiancato dall'affascinante Gwyneth Paltrow e dall'attrice spagnola Claudia Bassols in Spain...on the road again, prossimamente sugli schermi americani. Come riesci a salvare il cibo come cultura dal cibo come spettacolo nei tuoi programmi?
Perché io faccio solo cibo come cultura. E in questo modo lo show, lo spettacolo, viene naturale, viene da sé. La televisione è il mezzo mediatico più popolare. In questo modo posso essere sicuro che a tutti arrivi il mio messaggio. La gente americana deve capire che anche se non ha una tradizione gastronomica pari all'Italia a causa di una storia diversa, può sempre costruirsela e trasmetterla di generazione in generazione. Proprio come hanno fatto la mia famiglia e il mio paese in Abruzzo con me.

E all'occorrenza, qual è il tuo “cibo veloce”?
Cibo veloce o fast-food? (risata) La mia ricetta veloce: mozzarella, pomodoro e basilico. La Caprese. Certamente è una cucina basata sulla bontà degli ingredienti. Ma anche spaghetti aglio e peperoncino.

A parte la cucina, quali sono le tue altre passioni?
Mmmm... la musica. Non so. Mozart e brani di cantanti che sono miei amici. Che spesso sono al mio ristorante. Bono o Micheal Stipe. Hanno conosciuto il cibo italiano nei loro tour e vengono spesso da me per assaporarlo di nuovo.

Come ultima domanda, quale libro consigli a uno studente di Scienze Gastronomiche?
Tutti i libri di Elizabeth David.

Lasciamo Mario a raggiungere gli altri che lo stanno aspettando per l'appuntamento con un produttore di vini delle Langhe. Ci regala uno dei suoi tipici grandi sorriso ed una stretta di mano calda e delicata, che esprime il modo di essere suo e dei suoi piatti.

Nella Cerino

www.mariobatali.com

Notizia pubblicata in accordo con il giornale Informa Cibo www.informacibo.it